Oggi per la prima volta sono entrata in un cimitero lettone. Senza voler richiamare direttamente tematiche foscoliane, mi piaceva condividere qualche pensiero che mi ha suscitato quest’esperienza, per quanto semplice.


Il cimitero di Daugavpils è fuori dalla città, in periferia, a differenza dei nostri che spesso sono abbastanza centrali. È completamente immerso nel bosco e fuso con esso, nel senso che non c’è una recinzione a definire il confine. Mia mamma mi ha raccontato che infatti in inverno qualche volta succede che i cerbiatti mangino i fiori che ci sono sulle tombe. È uno spazio estremamente ampio, si estende da entrambi i lati della strada, e ad ogni tomba sono dedicati circa nove metri quadrati. Ogni piccolo recinto contenente una tomba ha una panchina sulla quale i cari del defunto possono sedersi e stare insieme. Anche le tombe meno curate sono pienissime di fiori, almeno artificiali, così il cimitero nel suo insieme è un trionfo di colori.


In questo momento non mi definisco credente, quanto meno nel senso cristiano del termine, eppure un posto del genere mi ha comunicato un senso di pace e di vicinanza a chi non c’è più che i cimiteri italiani non mi hanno mai dato. Non ci sono statue di Angeli o riferimenti biblici che ti facciano sentire come se per parlare con un tuo caro, dovessi per forza essere di fede cristiana. Quando mi succede di andare al cimitero in Italia, non avendo in questo momento una fede convinta mi sento spesso fuori luogo. Qui invece mi sono sentita al posto giusto, non mi sono sentita costretta a nessuna fede che non sento mia. Semplicemente mi sono sentita accolta in un posto in cui ricordare, a modo mio.